Perchè faccio la differenza

Non si può non comunicare. Che lo si voglia o no, l'altro cattura in noi segnali di attrazione o repulsione. La musica, in quanto linguaggio universale, pare metta tutti d'accordo, a patto che vi ci si riconosca. Mi ritrovo di fatto a fare una musica che, per come si mostra, contiene un'estetica globale che ha come risposta all'ascolto la non condivisione immediata.

E' uno di quei casi rarissimi di marginalità in cui composizioni di suoni e parole, pensati e realizzati con e verso livelli professionali, provocano immediatamente improbabili reazioni da competitor nell'ascoltatore: è più bravo mio xy, mia xy, e via scorrendo.

Potrei dunque definirmi un artista? Giungo alla comunicazione? Gli esperti direbbero di no.
Nel 2020 è ritenuto artista chi è già amato per delle innate doti di fascinazione, fiuto economico, capacità di gestire il sorriso. Io ho il coraggio e la follia di correre il rischio di essere come sono. E come sono? "Cogito, ergo sum", diceva Cartesio. Penso, quindi sono: credo ad esempio che lo smartphone non mi cambi la vita; credo nella carta da musica e nell'uso della matita. Credo che l'abilità e l'intelligenza dell'opera manuale serva e non debba MAI essere vicariante per vizio di forma.